domenica 16 dicembre 2012

Dell'olio extravergine di oliva taggiasca

Olio nuovo

Sarò lunga, portate pazienza: trattasi di un appello.
L'olivicoltura, nello specifico la cultivar Taggiasca, è stata per molto tempo la più importante economia della provincia d'Imperia. Dopo la fine della II Guerra Mondiale, con l'avvento dell'industria, i contadini furono obbligati all'abbandono delle coltivazioni olivicole perché non erano più remunerative: dai paesi più interni si verificò una forte emigrazione verso paesi esteri o verso la costa, quelli posizionati in zone intermedie convertirono l'olivicoltura in floricoltura, rimanendo quindi insediati nel territorio e trasformando l'attività contadina in piccola imprenditoria agricola.
Paesi un tempo molto ricchi, come Pigna, Ceriana, Pieve di Teco vissero una sorta di decadenza, mentre quelli che avevano poco territorio e soprattutto non avevano "l'acqua" come risorsa propria, iniziarono a prosperare grazie alle produzioni floricole. 
Furono dei botanici stranieri, come Winter e Hanbury, che iniziarono le nostre popolazioni alla coltivazione dei fiori, dicendo loro che il clima favorevole della riviera permetteva la crescita e la commercializzazione dei fiori verso i loro paesi di origine, segnati per molti mesi dal grigiore e dal freddo del clima continentale. Ebbe così inizio un'economia che per circa un secolo ha portato sviluppo e benessere all'estremo ponente ligure.
Come accadde nel dopoguerra con l'olivicoltura, adesso la floricoltura sta vivendo una lenta agonia: i prezzi non sono più remunerativi, i rischi di gelate sono aumentati per i cambiamenti climatici e tutti coloro che svolgono questa attività nutrono dubbi e forti incertezze.
Da un po' di tempo penso che il recupero dell'olivicoltura possa essere una salvezza per il nostro territorio e la popolazione che lo abita, tanto più che gli ulivi, benché abbandonati, sono recuperabili se potati e concimati a dovere. Ma alla base del mio pensiero sta soprattutto il fatto che, come per la floricoltura, ci si debba rivolgere a quella fetta di mercato rappresentata proprio dallo stesso Nord Europa che tanti fiori ha consumato nel tempo.
Ci sono molti ragazzi che tornano alla terra: non hanno altre prospettive da inseguire e recuperare i patrimoni terrieri olivati delle loro famiglie rappresenta per loro un'opportunità, anche se poi rischiano di andare incontro a difficoltà nella vendita del prodotto. Quello di cui hanno bisogno è che ci sia qualcuno (e di enti in Italia non ne mancano di certo!) che si attivi per promuovere l'olio extravergine di oliva taggiasca, laddove possa incontrare l'interesse e l'apprezzamento. 
Senza dover vantare come superlativo il proprio prodotto, ma semplicemente riconoscendogli le sue peculiarità, è un'operazione di marketing quello che serve: un olio delicato, che non copre i sapori, ma semmai li "scopre", ha un jolly da giocarsi in quei Paesi dove l'alimentazione è a base di pesce e l'uso e consumo delle verdure va aumentando di anno in anno.
Ci sono tedeschi, danesi, scandinavi, inglesi, abituali frequentatori delle nostre zone, che hanno saputo e potuto conoscere e apprezzare il nostro prodotto. Un manager danese a cui è stato chiesto se secondo lui sarebbe pensabile diffondere l'olio di oliva taggiasca in Danimarca, ha risposto: "Siete pronti?". No, non siamo pronti, siamo lenti, siamo soli, gli enti non ci seguono, non ci ascoltano, hanno troppe burocrazie da inseguire.
Le iniziative individuali già affermatesi in questo senso non mi interessano: il mio pensiero è comunitario; un beneficio, per essere tale, deve essere di tutti o di coloro che ritengono scegliere una strada perché può condurre a qualche destinazione. Siamo stanchi di contare sempre e solo su noi stessi: eppure l'iscrizione alla Camera di Commercio la paghiamo, l'adesione alle associazioni di categorie la paghiamo, le tasse allo Stato, alla Regione, alla Provincia e ai Comuni pure. Adesso è arrivato il momento che qualcosa ci venga anche dato, per uscire da un  immobilismo che rischia di ridurci veramente male.
La provincia di Imperia è sinonimo di produzione di olio extra vergine di oliva taggiasca: il mio appello è rivolto agli enti competenti affinché si impegnino a dare visibilità e fattibilità ad un'economia che può risolvere veramente i problemi di migliaia di famiglie e soprattutto di giovani. 
Un'intera provincia, un unico prodotto: e questo è un bel vantaggio.
SERVE FAR CONOSCERE L'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA TAGGIASCA, "FISH OIL", AI PAESI NORD EUROPEI,  SERVE ORGANIZZARE LA PRODUZIONE E LA COMMERCIALIZZAZIONE. 
E che nessuno mi venga a dire che mancano i mezzi per farlo.


7 commenti:

Lorenzo ha detto...

Bravissima, mi trovi concorde ogni volta che ci sia da far conoscere prodotti della nostra terra.
L'olio ligure lo conosco benissimo, lo prendo da un collega di Albenga che ha ulivi suoi di olive taggiasche.
Quest'anno purtroppo ne ha poco e non può darmelo, se tu conoscessi qualcuno che lo vende io verrei a prendermelo. Grazie

Lorenzp

pia ha detto...

@Lorenzo: Vieni pure, ne trovi quanto vuoi! Mio o di altri, l'olio non manca davvero!

Marlor ha detto...

Il ritorno dei tuoi "sentiti" post: Brava.

Alberto ha detto...

Il progetto è senz'altro molto interessante e puoi capire come sarei felice se potesse essere realizzato. C'è una cosa Pia: l'individualismo che frena tutto.

Filo ha detto...

Bel post, Pia,un appello vibrante e preciso. Dovresti pubblicare l'articolo su un giornale a grande tiratura.

pia ha detto...

@Filo: infatti l'ho inviato alla Stampa e al SecoloXIX. Staremo a vedere..

Emanuele ha detto...

argomento interessante, personamente sono un paio di anni che ho idee sull'olio e la relativa produzione. se a qualcuno interessa avere qualche altra informazione gerele sull'argomento segnolo questi 3 link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Olio_di_oliva
http://it.wikipedia.org/wiki/Riviera_Ligure_(olio)
http://www.oliorivieraligure.it/