sabato 26 giugno 2010

Dall'Appennino tosco-emiliano alla Riviera di Ponente

Copertina del volumetto dedicato ai cestai

Giovedì 24 giugno 2010, al Museo Borea d'Olmo di Sanremo, è stata inaugurata una mostra dedicata ai cestai, ovvero a quegli artigiani che per circa un secolo hanno prodotto i contenitori di canna spaccata per l'imballaggio e la spedizione dei fiori all'estero.
La mostra durerà fino all'11 luglio.

Cesti di canna spaccata

In questa lavorazione si distinsero persone che provenivano dall'Appennino tosco-emiliano, ovvero dai paesi limitrofi a Porretta Terme, in primis Badi e Suviana. Emigrarono in Francia e poi approdarono in Riviera per dedicarsi a questa attività, in cui si rivelarono abili grazie alla tradizione dei loro vecchi che durante l'inverno erano soliti costruire ceste e cestini di ogni taglia utilizzando i vimini.

Mercato dei fiori di Sanremo negli anni Cinquanta

L'apice dell'attività dei cestai fu raggiunta tra gli anni Trenta e la metà degli anni Sessanta: nonostante la scarsa documentazione, ci sono dati che permettono di affermare che in alcune annate la produzione dei cesti abbia toccato gli 800.000-1.000.000 di pezzi. Le foto di questo tabellone, d'altronde, sono una testimonianza della portata che aveva la produzione dei fiori nella Riviera di Ponente che, all'epoca, rappresentava l'80% della produzione mondiale di fiori: oggi 2,5%...


Attrezzi per la lavorazione: lo sfogliacanne e le cesoie

Le canne provenivano via mare prevalentemente dalla Sardegna e dalla Francia e subivano una lavorazione non indifferente, tra cui la sfogliatura e la spaccatura, eseguita con lo spacchino, raffigurato nella foto successiva.

Cesoie e spacchino

E' un'importante storia, quella dei cestai. E' una storia di emigrazione, di gente costretta a lasciare la propria terra per sfamarsi, come tutte le storie di emigrazione. Hanno fatto una vita incredibile: lavoravano un sacco di ore, nel bagnato, al freddo, con le mani continuamente tagliuzzate dalle canne spaccate e con ferite che faticavano a rimarginarsi; hanno fatto dei sacrifici enormi.

Gruppo di lavoranti

In seno a quel popolo di cestai arrivato in Liguria da oltre 400 km di distanza, c'era mia mamma.
"Io facevo i fondi" mi racconta, "erano i più facili. Avere un paio di guanti di lana senza le dita era l'unica cosa cui potessimo ambire per riparaci dal freddo e dai tagli e dalle schegge delle canne..."

Corba e cesti

I cestai producevano anche le corbe con le liste di castagno, tipico contenitoro usato dai produttori per portare i fiori al mercato. Erano resistenti, capienti e soprattutto permettevano ai fiori di non rovinarsi. Sui fianchi riportavano a grandi caratteri il nome del proprietario da un lato e dell'altro, talvolta, il nome del paese.

Lavorazione per le corbe

Inevitabilmente, quando si tocca questo argomento, mi assale una forte commozione: ero alla mostra e... piangevo senza capire bene perchè questo argomento mi provochi tale reazione. Sono grata a tutti coloro che hanno pensato, collaborato e realizzato quest'opuscolo, perchè è un tassello sostanziale della nostra storia locale.
Questa gente umile, laboriosa, disposta a qualsiasi sacrificio ha lasciato un segno tangibile, ora debitamente documentato. Poi l'avvento del cartone e della plastica hanno messo fine al loro operare.
Rimane la loro storia, la loro integrazione con i Liguri e noi, i loro figli.

8 commenti:

cinema&libri ha detto...

Molto interessante ! La 'commozione' è condivisa da chi, molto più vecchio di te, ricorda il diffusissimo uso di quei cesti e i rimorchietti delle corriere carichi di quei contenitori, veri capolavori di industriosa manualità. Ehh, ricordi dei bei tempi ( solo per certi versi ) andati ...

Anonimo ha detto...

grazie Pia x aver reso noto questo pezzo di storia per tutti quelli ke come me non sapevano l'esistenza

filo ha detto...

Molto interessante e ben documentata la tua rievocazione del duro lavoro dei cestai.
Più di vent'anni fa, poco dopo la nascita di mio figlio, mi feci costruire una "corba" con le liste di castagno,da un cestaio di Dolceacqua,purtroppo non ne ricordo il nome. Un amico mi aveva detto che era uno degli ultimi artigiani che lavoravano le corbe.
Ciao Pia.

Ino ha detto...

@Filo
Quello era sicuramente Mario Pelosini, la sua famiglia proveniva da un paese Toscano Buti provincia di Pisa
dove tutti facevano ceste.
Salù

filo ha detto...

@Ino, molto gentile, grazie dell'informazione.

Ciao Pia, hai trovato la foto dell'atomizzatore?

pia ha detto...

@Filo: no, accidenti, e nessuno collabora!!!!

Alberto ha detto...

Bello bello. Ma questi erano, diciamo così dei professionisti. Una volta chi abitava o lavorava in campagna spesso i cesti se li fabbricava da solo. Ti ricordi Pia i curbin per l'uva?

pia ha detto...

@Alberto "A cuffa pe e scaglie" me la ricordo in modo particolare, visto che facevo sempre il boccia a mio padre.
Qui da noi non era tradizione farseli, ma quando si passava da Ceriana o da Pieve di Teco o da Badalucco era tradizione ritornarsene con una "cavagnòra" o una "cuffa" o un "curbin" nuovi.
Prima di fare un nuovo post, aspettavo te!